Due piccoli di leone asiatico soppressi a Colonia: ecco perché non sono stati allevati a mano

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All’inizio di luglio, allo zoo di Colonia sono nati due piccoli di leone asiatico (Panthera leo persica), una delle sottospecie più rare al mondo. Ma la loro vita è durata appena due settimane. La madre Gina ha rifiutato di prendersi cura dei nuovi nati, nonostante lo staff avesse predisposto un ambiente tranquillo e isolato per favorire la nascita e le prime cure. Secondo i biologi dello zoo, Gina ha probabilmente compiuto una scelta istintiva e coerente con la propria strategia materna: continuare ad accudire i cuccioli nati a gennaio 2024, che a un anno e mezzo non erano ancora completamente indipendenti. Investire su di loro — già più forti e prossimi all’autonomia — è, da un punto di vista evolutivo, una scelta pertinente. Per i nuovi nati, invece, le possibilità di sopravvivenza erano molto basse fin dall’inizio: nati prematuramente e già indeboliti.

Una scelta difficile, ma condivisa

La decisione di sottoporre a eutanasia i cuccioli è stata presa in accordo con i veterinari, i biologi dello zoo e il coordinatore del programma europeo di conservazione (EEP) per il leone asiatico. L’intento: evitare ai piccoli inutili sofferenze in una condizione clinica ormai compromessa.

Perché non l’allevamento a mano?

Molti visitatori e utenti social, appresa la notizia, si sono chiesti: perché non salvarli con l’allevamento artificiale? La risposta, seppur dolorosa, è legata alla natura stessa del leone come specie sociale. Un leone cresciuto dall’essere umano, senza interazioni con i propri simili, può sviluppare problemi comportamentali, difficoltà nell’integrarsi in un gruppo e non essere adatto alla riproduzione. Questo compromette anche gli obiettivi a lungo termine di conservazione della specie.
Per questo motivo, lo zoo di Colonia aveva già stabilito — salvo casi eccezionali — di rinunciare all’allevamento a mano.

Il contesto: una specie al limite

Il leone asiatico è oggi confinato a un’unica area protetta nel Gujarat, in India. In natura ne sopravvivono meno di 700 esemplari. I programmi di conservazione in ambiente controllato servono a mantenere una riserva genetica sana, ma richiedono rigore, programmazione e, a volte, decisioni difficili.

Una nota finale

Allo stato selvatico, la mortalità infantile tra i leoni può raggiungere il 70%. Negli zoo, le probabilità di sopravvivenza sono decisamente più alte. Ma anche in ambiente controllato non tutte le cucciolate possono essere salvate. Accettare questo dato, e decidere in base al benessere dell’animale e della specie, è un dibattito ancora aperto nella comunità zoologica — che resta comunque popolata di sensibilità diverse.

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I vostri commenti

    • È vero Corradino, è così. Forse il criterio utilizzato ha tenuto però conto anche della difficoltà di gestire dal punto di vista della riproduzione individui hand reared. Immagina di dover spostare singolarmente in altre strutture questi due esemplari allevati dall’uomo, doverli ambientare e integrare in gruppi magari già consolidati, con l’obiettivo di costituire una coppia riproduttiva. Dal punto di vista della gestione diventerebbe davvero problematico ma anche dal punto di vista della sicurezza degli animali stessi, probabilmente.

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